Strumenti di evasione nel nulla per molti nostri giovani, per i ragazzi di Gaza si tratta di veicoli di una comunicazione densa di voglia di vivere
Contributo a cura della redazione de ilfederalista.ch
C’è dignità e vita che resiste nella Striscia di Gaza, dilaniata, sconvolta da 9 mesi di guerra ininterrotta. Emerge discreta attraverso canali che sono solitamente templi della superficialità, come Instagram e TikTok.
A Gaza, infatti, non si filmano soltanto video per raccontare le vittime, il sangue e le macerie, quei video che solitamente giungono a noi attraverso i siti informativi online (e che talvolta hanno il sapore della propaganda, se non della messa in scena). I ragazzini e le ragazzine della Striscia raccontano invece sui loro profili social la vita che vuole andare avanti, pur tra immani disastri e crudeltà.
Lo fanno parlando nello stesso linguaggio dei loro coetanei di tutto il mondo, usando gli stessi codici, sempre in evoluzione, alla base della sintetica e essenziale comunicazione della Rete, sui quali si mostrano perfettamente aggiornati. Come si vive, giorno per giorno, in quel lembo di terra, sotto assedio e sotto costanti bombardamenti? Lo scopriamo su TikTok.
"Food vlogging" dalla guerra
Prendiamo un esempio: il cibo e la sua preparazione. È uno dei grandi filoni nei video brevi pubblicati online prodotti in tutto il mondo. Per i giovani di Gaza, ovviamente, nutrirsi è anche un problema immediato e urgente. Eppure, nonostante il marasma, essi non si sottraggono dall’applicare alle loro circostanze difficili i codici in voga nel mondo.
Pensiamo al genere dell’unboxing, ovvero quel modulo diffusissimo nel quale ci si riprende in diretta nell’atto di aprire un pacco ricevuto per posta, per fissare la propria reazione attraverso un teleobiettivo e condividerla con tutti. In rete ne troviamo a migliaia. Sia che il pacco postale contenga un dispositivo elettronico all’ultimo grido, sia che celi merendine varie inviate da qualche follower da un Paese esotico.
Su TikTok potremmo imbatterci nei video di una ragazza statunitense che apre un pacchetto ricevuto dalla Svizzera contenente un Toblerone, le patatine Zweifel, una bottiglia di Rivella. Trasliamo lo stesso formato: una bambina di Gaza apre gli aiuti della Mezzaluna Rossa turca lanciati da un aereo.
Ci sono centinaia e centinaia di video attraverso cui si comunica la routine giornaliera di vite vissute tra tendopoli e edifici semi diroccati. Racconti di vita quotidiana. Video dei quali il documentarista israeliano Nissan Shor ha detto, esprimendosi dalle pagine di Haaretz: “C'è qualcosa di molto incoraggiante nel vedere persone che sono state sradicate dalle loro case cercare di mantenere una dignità umana contro tutte le avversità. In qualche modo riuscendoci”.
Shor ha descritto queste testimonianze come un’opportunità di controbattere alla campagna di disumanizzazione del palestinese purtroppo in corso in una parte della società ebraica. Immagini molto più interessanti di quelle, che Shor stesso ha definito inutili, che ripropongono distruzione e morti, continuamente rilanciate “dai miei amici di sinistra” (per usare le sue parole) allo scopo di mostrare gli orrori della “guerra di Netanyahu”. I video social spontanei, ha aggiunto lo sceneggiatore e regista, “ci fanno capire meglio cos’è Gaza, sia com’è adesso che com’era prima”.
Un’immersione per capire come vive una popolazione in guerra
L’esercizio di mettere in luce questi video è per certi versi analogo a quello prodotto dalla disciplina nata negli ultimi anni e praticata da analisti e da sezioni di esperti anche per i grandi quotidiani mondiali, indicata spesso con l’acronimo OSINT, ovvero Open Source Intelligence. Gli esperti in OSINT si occupano della raccolta e interpretazione di informazioni da fonti aperte. Si mettono cioè insieme indizi raccoglibili indipendentemente da chiunque: foto, video, post social, posizioni in “Google maps”, etc., che non sono stati confezionati da canali ufficiali quali tv o giornali.
Ovviamente bisogna stare attenti. Da Gaza filtrano anche molti video propagandistici. C’è qualche indizio per riconoscerli: si tratta in genere filmati di alta qualità, sottotitolati in buon inglese e spesso corredati da una musica dai toni patetici.
I ragazzini di Gaza usano mezzi improvvisati e riprendono le parole chiave incontrate sui social. Facciamo un altro esempio: se incontrate la parola “#Vanlife” su internet, vuol dire che state per assistere a un video che promuove lo stile di vita nomade e minimalista in un furgone (van) arredato. I ragazzi di Gaza giocando sulle parole hanno prodotto l’hashtag: “#Tentlife” – vita in una tenda.
#prima&dopo il 7 ottobre
Non stupisce, ancora, che i giovani di Gaza si siano appropriati del tormentone “prima&dopo” (utilizzato in brevi video di tutto il mondo: prima e dopo la nascita di un figlio, prima e dopo la laurea, prima e dopo il trasferimento in un altro Paese). I ragazzi della martoriata Striscia riprendono il topos per produrre video in cui si confrontano con rapidi cenni in immagini due situazioni di vita, prima e dopo il conflitto iniziato il 7 ottobre 2023.
In un post, si vede un giovane vestito elegantemente in piedi accanto a un costoso fuoristrada Honda. "Come sono passato da quello a questo..?", si sente chiedere dalla sua voce fuori campo, prima di vedere lo stesso giovane oggi, seduto su un carro trainato da un mulo che procede tra le rovine. I giovani della borghesia di Gaza ricordano con nostalgia la vita perduta, fatta di visite a caffè e, persino, di orologi costosi.
In un “prima/dopo” un bodybuilder mostra la sua routine prima e dopo l'inizio della guerra. Parla di come gli manchino i giorni in cui si allenava in una vera palestra.