Il consigliere nazionale e presidente dell'AITI: “È venuto il momento di fare una riflessione seria ma pacata, senza l’emotività che ha segnato la campagna”
BELLINZONA – Di cose sulla tassa di collegamento, Fabio Regazzi ne ha tante da dire. Il consigliere nazionale e presidente dell’Associazione industrie ticinesi (AITI), fu in prima linea nella battaglia contro il cosiddetto “balzello sui posteggi” approvato in votazione popolare tre anni fa, nel giugno del 2016.
E ora che il direttore del Dipartimento del territorio, Claudio Zali, ha annunciato, ribadito quanto aveva già lasciato intendere, che il Cantone è pronto a rinunciare al prelievo retroattivo della tassa, congelata da diversi ricorsi al Tribunale federale, Regazzi parla di “atto dovuto”.
Per prima cosa, però, si chiede come mai la massima istanza giudiziaria ci metta tanto tempo, “troppo tempo”, a decidere sui ricorsi.
Detto questo, Regazzi rilancia la recente proposta dei deputati Cleto Ferrari e Gabriele Pinoja, che hanno chiesto al Consiglio di Stato di abolire la tassa di collegamento. Nonostante il Governo abbia risposto picche, il presidente dell’AITI ritiene che “alla luce degli elementi emersi in questi anni sia il caso di valutare una decisa marcia indietro”.
E tra gli elementi ne cita principalmente due: la maggior parte delle aziende, nonché gli enti pubblici, Cantone compreso, hanno iniziato a prelevare la tassa sui posteggi a scopo cautelativo, in attesa appunto della sentenza federale, ma ciò nonostante non si sono visti effetti concreti sui volumi di traffico.
“Considerato che questo – spiega – era uno dei motivi a sostegno della tassa, bisogna avere il coraggio di ammettere che l’obiettivo è fallito. Soprattutto è fallito l’obiettivo di ridurre il traffico dei frontalieri, anche perché l’applicazione preventiva della tassa è andata a colpire soprattutto i lavoratori ticinesi, e non solo i lavoratori se si pensa che dopo la decisione popolare molti comuni hanno aumentato le tariffe dei posteggi pubblici”.
Il secondo elemento è quello “fiscale”. “Un altro obiettivo della tassa – aggiunge Regazzi – era incamerare un gettito importante, circa 18 milioni, da destinare a misure legate alla mobilità e ai trasporti pubblici. In realtà più che di una tassa causale si tratta di imposta, perché quei soldi, se entrassero nelle casse cantonali, finirebbero in un calderone nel quale sarebbe impossibile tracciare il loro utilizzo per misure puntuali. Ma il nocciolo della questione non sta solo qui: nel frattempo le finanze cantonali sono nettamente migliorate e credo che il Governo non possa dire oggi di non avere i margini di manovra per promuovere misure nell’ambito della mobilità e del trasporto pubblico”.
È venuto il momento di fare una riflessione seria ma pacata, senza l’emotività che ha segnato la campagna, conclude Regazzi, “e di puntare con decisione sulla sensibilizzazione e sugli incentivi alle aziende per la promozione della mobilità collettiva, tornando a una via politica di collaborazione e non di imposizione. Del resto noi del fronte contrario avevamo detto chiaramente che la tassa di collegamento avrebbe creato più problemi che benefici”.