L'ex deputata Verde: "Più delle argomentazioni sulla separazione dei poteri, conosco le dinamiche di una Commissione, e sarebbero state coinvolte le vittime. Visto che ci sono sempre fughe di notizie, avrei voluto salvaguardare le giovani coinvolte"
BELLINZONA - A scrivere una lettera aperta a Natalia Ferrara, decisiva col suo intervento nella querelle relativa all'istutizione di una Commissione Parlamentare d'Inchiesta sugli abusi al DSS è l'ex collega Verde Michela Delcò Petralli.
Ecco il suo testo:
"Cara Natalia,
anche a me ha disturbato quel gesto di vittoria immortalato dallo scatto fotografico pubblicato da Fiorenzo Dadò, anche se credo fosse più un complimento rivolto al tuo intervento che al risultato della votazione, almeno lo spero.
Comprendo però le ragioni del no alla CPI. Quale lo scopo di questa commissione visto che i funzionari coinvolti se ne sono già andati da tempo e che la procedura penale è conclusa. Quale lo scopo di chi voleva questa commissione? Se ci sono dei correttivi da mettere in atto affinché in futuro ogni segnalazione venga presa sul serio e indagata, meglio se da più persone, ecco questo lo si può fare mettendo mano alla legge ed ai regolamenti. Spero lo farete, almeno voi donne parlamentari.
Certo, tutto dipenderà sempre dalla sensibilità della persona che per prima riceve la segnalazione e dal coraggio di chi la fa.
Francamente, il dibattito di ieri mi è sembrato una gretta battaglia partitica, e non una vera battaglia per affermare il diritto all’autodeterminazione delle donne e contro i soprusi che subiamo tutti i giorni. Si tutti i giorni: in casa, in strada, sul lavoro e anche sul giornale di quel partito che ieri, a parole, si ergeva a difensore del genere femminile. Il tuo intervento da giurista, l’ho capito. Ma più delle argomentazioni da te esposte sulla separazione dei poteri, è stata un’altra preoccupazione che mi avrebbe convinta a votare di no.
Una CPI in questo caso avrebbe inevitabilmente coinvolto anche le vittime, anche se il mandato alla CPI lo sconsigliava. Ho partecipato ad una CPI e conosco le dinamiche. Dubito che i commissari si sarebbero accontentati delle dichiarazioni delle vittime riportate nella sentenza penale. E, visto che tutte le CPI costituite in precedenza hanno sempre avuto incresciose fughe di notizie a scapito o a favore di questo o quel partito, le dichiarazioni delle vittime, i loro nomi e cognomi rischiavano di finire sulla bocca di tutti. Tra una CPI, l’approvazione popolare e l’anonimato di queste ragazze, già segnate a vita dagli abusi di chi doveva proteggerle, avrei scelto la loro vita".