Il senatore UDC a tutto campo in un'intervista alla Domenica. E sul maxi arrocco in casa Lega-UDC, tra Bellinzona e Berna, dice che...
LUGANO - Con il congresso di ieri tenutosi a Langenthal, che ha eletto lo svittese Marcel Dettling alla presidenza, Marco Chiesa ha definitivamente chiuso il capitolo che lo ha visto alla guida dell’UDC nazionale negli ultimi quattro anni. Ora, come racconta con una punta di sollievo in una lunga intervista alla Domenica, torna a fare solo il senatore “quindi a occuparmi a Berna esclusivamente del Ticino. Come presidente di partito devi rappresentare le decisioni dei delegati e avere attitudini diverse. Caratterialmente mi si addice di più quella da chambre de réflexion. Sono più un costruttore di ponti che un tribuno”.
Oltre al bilancio degli anni alla testa del primo partito svizzero, il focus della chiacchiera con il domenicale del Corriere del Ticino, è sulle vicende ticinesi e luganesi. A cominciare dall’incidente di Norman Gobbi che tanto ha fatto scrivere negli ultimi giorni: “Fino ad oggi - afferma Chiesa - io non vedo alcun elemento che mi faccia gridare allo scandalo. La spiegazione fornita dal consigliere di Stato mi sembra assolutamente plausibile. Non vorrei alimentare la cultura del sospetto quando non ci sono gli elementi per farlo”.
Poi ci sono le elezioni di Lugano. Una porta che apre altre porte. Iniziamo dalla scelta di candidarsi, incoraggiata, racconta il Consigliere agli Stati democentrista, dal sindaco uscente Michele Foletti: “Io gli ho chiesto cosa ne pensava e lui mi ha detto di farlo. Penso che condividiamo lo stesso attaccamento a Lugano”.
Neppure in questa intervista troveremo risposta alla domanda più consumata di questa tornata elettorale luganese: cosa farà Chiesa nel caso dovesse prevalere su Foletti? Accetterà la carica di sindaco? C’è però un passaggio, nel colloquio con la Domenica, in cui il senatore ribadisce con una certa forza l’intenzione di continuare il suo impegno agli Stati. Vuol restare a Berna ancora a lungo? Risposta: “Sicuramente. Siamo a inizio legislatura, c’è tanto da fare, un accordo istituzionale da combattere e una Svizzera da 10 milioni da evitare”. Poi, cosa significhi “a lungo”, è difficile da quantificare. C’è chi ipotizza, nel caso Chiesa dovesse diventare sindaco di Lugano, un impegno di un paio d’anni. Un lasso di tempo in cui potrebbe chiudersi la battaglia delle battaglie sul nuovo accordo tra Svizzera e Unione Europea. Un tempo che coincide anche con la scadenza della presidenza della Commissione esteri degli Stati, assunta da Chiesa a inizio legislatura.
Non poteva mancare, nell’intervista alla Domenica, un riferimento al domino di cariche in casa Lega-UDC, che potrebbe innescarsi qualora Chiesa conquistasse il sindacato luganese. Lo scenario prevede che, dopo un certo tempo, il senatore lascerebbe gli Stati aprendo le porte a un’elezione suppletiva alla quale concorrerebbe Norman Gobbi, che non ha mai nascosto il desiderio di proseguire la sua carriera politica a Berna. In caso di elezione il posto in Consiglio di Stato verrebbe assunto dal primo subentrate, il presidente dell’UDC ticinese Piero Marchesi.
Ecco il pensiero di Chiesa su questo ipotetico maxi arrocco nella destra ticinese: “La vita riserva sempre sorprese, fare piani non serve a nulla. Io sono diventato presidente del primo partito svizzero senza che me lo fossi mai immaginato. D’altra parte c’è chi fa piani per diventare consigliere federale e fallisce. Nella vita è giusto avere delle motivazioni, ma in politica non porta a nulla cercare di inseguire degli obiettivi in maniera spasmodica. Aggiungerei che nella vita nulla accade per caso, è fatta di appuntamenti e se vuoi prendere quel treno che sta passando devi andare alla stazione. Non si fermerà davanti a casa tua. Sinceramente però questo valzer appartiene, soprattutto in questo momento, solo alla sfera giornalistica”.