"La Svizzera tradizionale sembra essere in una fase di placido declino, avviata verso la sua cancellazione culturale, inebetita, anestetizzata, aiutata dalla tecno-democrazia"
di Niccolò Salvioni *
Il 29 agosto il Dipartimento federale della difesa, della protezione della popolazione e dello sport (DDPS) ha presentato in conferenza stampa le "Raccomandazioni per una politica di sicurezza orientata al futuro", preparate da una commissione di studio speciale composta da 34 esperti, tra cui, sorprendentemente, nessun rappresentante ticinese. Secondo quanto emerso dalla conferenza stampa del 2023, tale rapporto “dovrebbe offrire spunti per le discussioni pubbliche e parlamentari e fungere da input per il prossimo rapporto sulla sicurezza, previsto per il 2025”.
Tuttavia, sul sito della Confederazione, il documento - ad oggi - è disponibile solo in lingua tedesca e francese, il che limita l'accesso a una parte della popolazione elvetica. La commissione rileva che la semplice neutralità non è più sufficiente a proteggere la Svizzera da eventuali attacchi. Ma non viene considerato il fatto che, a partire dal marzo 2022, con l'adozione delle sanzioni contro la Russia, la Svizzera ha di fatto cessato di essere neutrale. Di conseguenza, è proprio a causa delle decisioni politiche federali che la protezione garantita in precedenza dalla neutralità oggi non può più essere data per scontata.
La riconversione progressiva dell'economia mondiale ed europea verso la produzione di armamenti, e il desiderio di certi ambienti economici elvetici di potersi inserire in uno di questi mercati lucrosi emergenti, sono elementi collaterali che contribuiscono al deterioramento della politica di sicurezza della Svizzera ed a minare la neutralità del paese, influenzata dalle decisioni del Consiglio Federale e del Parlamento che tendono vieppiù a svilirne la portata.
Le raccomandazioni della commissione, composta esclusivamente da esperti esterni, senza la presenza di funzionari federali e priva di una rappresentatività geografica equilibrata, paradossalmente, sollevano ulteriori preoccupazioni proprio a riguardo della via di politica estera di sicurezza delineata, che appare la naturale prosecuzione della "via fiorita" adottata dalla politica federale, forse non realmente idonea a garantire la sicurezza e il benessere del Paese nel lungo termine.
Queste sembrano allontanarsi progressivamente dall'idea di "essere svizzero," dal principio di diversità e dai valori tradizionali, come la capacità di difesa autonoma e indipendente del paese che hanno storicamente caratterizzato la Svizzera, come sottolineato a suo tempo dal generale Henri Guisan. Oppure dai principi rievocati ancora nella dichiarazione di neutralità del 31 agosto 1939, ove si faceva ancora riferimento all’impegno assunto dalla Svizzera nei trattati del 1815 e “gli impegni che li completano che hanno riconosciute corrispondere ai pieni valori della Europa intera.“, indicando che „La confederazione si farà onore di agevolare, come già fece nel corso delle ultime guerre, l‘attività imparziale delle opere umanitarie che possono contribuire a lenire le sofferenze che fossero cagionate dal conflitto”.
La neo-cultura del futuro è riuscita a rimuovere il passato, facendo così dissolvere l’effetto di aiuto umanitario indiscriminato e di corrispettiva sicurezza determinato dalla politica estera neutrale di allora. La Svizzera tradizionale sembra essere in una fase di placido declino, avviata verso la sua cancellazione culturale, inebetita, anestetizzata, aiutata dalla tecno-democrazia.
La postulata progressiva integrazione del nostro piccolo Paese in sovrastrutture internazionali dai meccanismi di risoluzione dei conflitti purtroppo inefficaci, come l'ONU, o in alleanze militari di guerra polarizzanti, come la NATO, sembra preludere alla disintegrazione della nostra patria e alla fine della Svizzera così come l’abbiamo conosciuta.
Paradossalmente, fin dal 1815, uno scenario simile non era stato nemmeno considerato nell'interesse dell'Eurasia stessa. Tuttavia, con l'Europa in guerra dal 2022, anche la "neutrale" Svizzera si trova oggi a dover riflettere profondamente sul proprio futuro e sul perché, ed a causa della politica di chi, l'algoritmo-scatola nera della "neutralità" abbia improvvisamente perso la sua efficacia, non offrendo più la protezione di un tempo. Quella che era una garanzia, oggi sembra essere diventata un concetto obsoleto, destinato alla rottamazione, con riciclatori pronti a trarne profitto.
La Svizzera si trova dunque ad un bivio storico: continuare a sostenere la neutralità quale principio di auto-preservazione, che però la politica ufficiale sembra ritenere ormai privo di valore strategico dopo averne guastato essa stessa l‘effetto, oppure adattarsi a una nuova realtà internazionale, in cui la sicurezza e la neutralità richiedono nuovi strumenti e approcci, diversi rispetto al recente passato. Forse, l'inclusione nel gremio di esperti dell’esperienza pragmatica del mondo diplomatico elvetico del Dipartimento federale degli affari esteri — quelli che operano e rischiano la vita sul campo per risolvere casi umanitari anche di diritto di guerra — avrebbe potuto fare la differenza, nel rapporto. La loro assenza, infatti, contribuisce ad un evidente squilibrio di base dello stesso. Come affermava von Clausewitz, la guerra è la continuazione della politica con altri mezzi: di conseguenza, la politica estera elvetica non dovrebbe essere separata da quella della sicurezza, bensì dovrebbero essere coordinate. In definitiva, la Svizzera deve ora affrontare la sfida di ridefinire la propria politica di sicurezza in un contesto globale sempre più complesso e imprevedibile.
La scelta tra preservare una neutralità adattata ai tempi moderni o abbracciare nuove forme di collaborazione internazionale determinerà non solo il futuro della sicurezza del Paese, ma anche la sua identità nel e del panorama mondiale. È essenziale che questa decisione venga presa con una visione chiara e inclusiva, che consideri non solo le lezioni del passato, come il valore della neutralità e l'indipendenza storicamente garantiti come perpetui sin agli albori della Confederazione, ma anche le esigenze del futuro, come la necessità di adattarsi a nuove minacce e dinamiche geopolitiche. Solo così la Svizzera potrà continuare a essere un modello di stabilità e indipendenza in un mondo purtroppo sempre meno stabile.
* avvocato