Gli effetti della fusione sui posti di lavoro, le reazioni politiche, il futuro della piazza finanziaria. E le esternazioni di Ignazio Cassis. Ecco gli ospiti
MELIDE – Che impatto avrà l’acquisizione di Credit Suisse da parte di UBS sulla piazza finanziaria ticinese? Quante persone si troveranno senza lavoro nei prossimi due-tre anni? Giovedì scorso UBS ha presentato la sua strategia d'integrazione del Credit Suisse e ha annunciato il taglio di 3'000 posti in Svizzera. In questa operazione, che tiene banco da mesi a livello politico e finanziario, chi ha perso (o perderà) e chi ci ha guadagnato?
UBS: chi vince e chi perde è il titolo della puntata di Matrioska in onda questa sera alle 19,30 su TeleTicino. Ospiti di Marco Bazzi il giornalista Alfonso Tuor, e quattro candidati al Consiglio Nazionale: Natalia Ferrara (PLR), direttrice dell’Associazione svizzera degli impiegati di banca, Laura Riget, co-presidente del Partito socialista, Paolo Pamini, deputato UDC, e Giorgio Fonio, sindacalista e vicepresidente del Centro. In apertura di trasmissione, intervista via Skype con il direttore del Dipartimento finanze ed economia Christian Vitta.
Quanti posti di lavoro salteranno? E dove?
Nei primi sei mesi di quest’anno, 8'000 persone hanno già lasciato Credit Suisse o sono state licenziate, il 10% circa in Svizzera. A partire dall'anno prossimo la banca si separerà da altri 2'000 collaboratori e collaboratrici e altri 1'000 posti di lavoro, che secondo la dirigenza di UBS rappresentano un doppione, saranno soppressi entro la conclusione della procedura di fusione, prevista per fine 2026.
Sergio Ermotti, CEO di UBS, ha dichiarato di non essere ancora in grado di dire quale sarà il futuro dei 120'000 dipendenti delle due banche a livello mondiale: “Dipenderà da una serie di sviluppi e le cifre assolute portano solo a fraintendimenti”.
Al momento dell’acquisizione di Credit Suisse, nel marzo scorso, le due banche contavano in Svizzera circa 35'000 collaboratori. Ora ci si chiede in che settori e in quali regioni avverranno i tagli annunciati.
“Dietro ogni licenziamento ci sono persone e famiglie”, ha sottolineato il Consiglio federale, dicendosi però fiducioso sul fatto che il processo sarà gestito con sensibilità e con un adeguato sostegno al personale colpito. Siccome i tagli saranno scaglionati da qui alla fine del 2026, la Segreteria di Stato per gli Affari Economici ritiene che il mercato del lavoro assorbirà le perdite.
"Storicamente, le persone che escono da UBS e Credit Suisse hanno generalmente ritrovato lavoro entro un anno", ha dichiarato Ermotti.
“La notizia ‘positiva’ – ha commentato Alberto Petruzzella, presidente dell’Associazione bancaria ticinese - è che i tagli saranno non 10mila come ipotizzato finora ma 3mila, di cui due terzi nelle funzioni centrali e un terzo in quelle al fronte, perlopiù nell’area di Zurigo. Bisogna però ancora capire che cosa si intenda per funzioni centrali rispetto a quelle decentrate, come ad esempio il centro di sviluppo informatico del CS a Giubiasco”.
Positivo anche il commento di Natalia Ferrara: “Parlerei di sollievo. Gli scenari potevano essere diversi con un impatto molto più forte. Infatti, le previsioni che parlavano di oltre 10 mila esuberi in Svizzera erano possibili - erano basati sull’obiettivo di risparmio di 8 miliardi di franchi, che ora sono diventati 10 - e non nascondo che in questi mesi ci siano stati dei confronti anche duri con UBS”.
Ma secondo il portale finanziario zurighese Inside Paradeplatz in Svizzera rimangono a rischio 10'000 impieghi, e 30-35’000 a livello globale.
Nel frattempo UBS ha fatto segnare un utile trimestrale da primato, generato proprio grazie all’acquisizione di Credit Suisse: un profitto netto di 28,9 miliardi di dollari (25,4 miliardi di franchi) che include un utile contabile di pari importo derivante dal fatto che l’istituto concorrente è stato rilevato a un prezzo nettamente inferiore al suo valore presunto.
Le reazioni della politica
Le principali critiche all’operazione sono arrivate dall’UDC e dal Partito socialista: “UBS riporta un utile netto di 29 miliardi di dollari. Ecco il valore contabile di Credit Suisse, utilizzato per giustificare l’applicazione della legge d’emergenza da parte della consigliera federale Karin Keller Sutter”, ha twittato Thomas Aeschi, capogruppo UDC alle Camere federali. “È stata un’operazione frettolosa, eseguita senza sforzarsi di lasciare a Credit Suisse il mercato svizzero, permettendo quindi un minimo di concorrenza”, gli ha fatto eco Cédric Wermuth, presidente del PS svizzero.
Ma perplessità sono arrivate anche dall’Alleanza del Centro: “Il fatto che ci siano meno soppressioni di impieghi di quanto si temeva non deve essere una scusa per ritenersi soddisfatti di questa situazione”. Mentre il PLR ha deplorato la scomparsa di Credit Suisse e ha ribadito che i tagli ai posti di lavoro dovranno essere effettuati “in modo socialmente accettabile”.
Ermotti: “L’integrazione era l’unica via possibile”
Da parte sua, Ermotti ha spiegato che l’esternalizzazione del ramo svizzero del Credit Suisse non era una via ragionevole, anche se avrebbe comportato una minore perdita di posti di lavoro. “L’integrazione è l’opzione migliore per tutti gli interessati”, ha dichiarato.
E rispondendo ai timori sull’eccessivo peso di Ubs dopo l’acquisizione di di Credit Suisse, ha assicurato che il semplice fatto di essere grandi non significa che la banca sia più pericolosa per la Svizzera: “Al contrario, penso che la piazza finanziaria sia diventata più sicura”.
Intanto, a livello contabile, la rete di protezione pubblica messa in atto da Berna per salvare Credit Suisse e rendere possibile la fusione (259 miliardi di franchi, tra linee di credito della Banca Nazionale e garanzie della Confederazione, garanzie alle quali i due istituti hanno rinunciato in estate) ha portato 193 milioni di interessi nelle casse federali e oltre mezzo miliardo in quelle della BNS.
Le esternazioni di Cassis
In queste ultime ore sta facendo discutere anche l’intervento del ministro degli esteri Ignazio Cassis che ha tenuto un vero e proprio comizio alla festa elettorale del PLR svoltasi domenica a Sant’Antonino. Il consigliere federale ha UDC e PS anche in relazione alla vicenda “Credit Suisse”: “In Consiglio Federale abbiamo 2 UDC e 2 PS su 7, sono la maggioranza assoluta. Il Consiglio Federale ha salvato una situazione finanziaria difficilissima con il Credit Suisse, evitando una crisi mondiale ed uscendo dall’esercizio quattro mesi dopo con 200 milioni di guadagno. Tutto il Governo ha sostenuto questo piano, ma il PS e l’UDC in Consiglio Nazionale hanno detto “no”. Hanno detto di no ai loro Consiglieri Federali. Ma stiamo scherzando?! Non andiamo lontano con questa politica!”.
Ma la frase del ministro che ha fatto più discutere è un’altra: “A Berna – ha detto in vista delle Federali di ottobre - bisogna mandare il meglio, con una grande attenzione per questo fazzoletto di terra che non è il più considerato in Svizzera. In questo contesto c’è l’elezione ed è in questo contesto che dobbiamo lottare. Ma per che cosa? Per il Ticino? No, prima di tutto per i liberali, non per il Ticino. Se i socialisti e l’UDC polarizzano il dibattito, attaccando, facendo una politica che da una parte denigra le persone, e dall’altra una politica di ridistribuzione massiccia dove produrre ricchezza è un peccato morale”.
Una frase a cui ha reagito il consigliere agli Stati e presidente dell’UDC nazionale Marco Chiesa: “Cassis sarà pur caduto in trance agonistica, ma sia come ticinese che come cittadino svizzero non posso accettare un ministro degli esteri arrendevole e pronto a dimenticare che la Svizzera è fatta dal volere degli svizzeri. Questa è l’essenza della nostra democrazia diretta, ciò che rende il nostro Paese libero, indipendente e autodeterminato”.
E anche di questo si parlerà questa sera a Matrioska.