CORONAVIRUS
Coronavirus in Ticino, il punto di Franco Denti: "Si sta giocando con il fuoco"
Il presidente dell'OMCT: "Preoccupato dalle aperture che potrebbe fare il Consiglio di Stato. Come medici abbiamo il dovere di opporci, per etica e coscienza"
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Franco Denti, domenica 19 aprile avremo completato un mese di lockdown in Ticino. Che settimana si attende?
“Molto complessa, perché aspetto con qualche preoccupazione le decisioni del Consiglio di Stato. Sono sempre più convinto che se si andasse verso una parziale riapertura, sarebbe un errore. Bisogna resistere fino al ponte del primo Maggio”.

Perché?
“Un mese di lockdown è davvero troppo poco. Non può neppure esserci un piano di allentamento delle misure credibile, con uno stop delle attività così breve. Se aprissimo il 4 di maggio, ovvero dopo un mese e mezzo, sarebbe il minimo di quello che la scienza suggerisce rispetto a questa pandemia. E dai pronti soccorsi mi arriva già voce di un nuovo aumento dei casi. Lascio immaginare cosa potrebbe succedere con un allentamento prima del tempo”.

Però i dati migliorano, le ospedalizzazioni calano…
“Il collo di bottiglia delle cure intense è ancora lì. Abbiamo una sessantina di pazienti e non sono pochi. Se sbagliamo le riapertura, e l’epidemia riparte, ricominciamo con un +60 e circa 200 ammalati in ospedale. Pensiamo anche a far respirare un pochino anche il personale che è un mese che fa turni di 12 ore al giorno”.

Vediamo lo scenario che potrebbe accadere. Con la settimana prossima il Governo cantonale potrebbe allinearsi al resto della Svizzera, allentando, o facendo cadere del tutto, le restrizioni per le industrie e l’edilizia.
“Mi riesce davvero difficile immaginare un’apertura la settimana prossima per le industrie e l’edilizia, quando si sa che la maggior parte della manodopera è frontaliera. Significherebbe riaprire il confine a migliaia di lavoratori. Dagli ultimi dati della scorsa settimana, nelle province di Como e Varese, abbiamo osservato un tasso di crescita dei contagi del 40%. Sono tra le province lombarde che crescono di più, nettamente. In Ticino, per dare un termine di paragone, siamo intorno al 14%. Questi imprenditori che premono per riaprire dovrebbero innanzitutto dimostrare che la catena di produzione esiste ancora. Che sono in grado di reperire il materiale da lavorare e che il loro prodotto finito possa essere trasportato ed acquistato in sicurezza dai clienti. Come, soprattutto, devono garantire la sicurezza dei lavoratori”

E non possono farlo?
“La salute del lavoratore viene prima di tutto e spetta ai datori di lavoro garantirla. A mio avviso oggi non è possibile offrire questa sicurezza. Non ci sono le condizioni minime. Come non sono a conoscenza di un piano da parte del Cantone, affinché questo possa avvenire nel giro di pochi giorni”.


E inoltre ci sarebbe bisogno di un coordinamento con la Lombardia, che ha scelto un lockdown più restrittivo di quello dell’Italia, fino al 4 maggio.
“Non c’è dubbio. Noi dobbiamo allinearci con la Lombardia. Non possiamo intraprendere vie solitarie. Non possiamo ritrovatrici nella situazione in cui un muratore non possa battere un chiodo a Como, ma possa farlo a Chiasso. Sarebbe il teatro dell’assurdo”.


Questo virus non lascia spazio a scorciatoie, insomma.
“Questo virus non lascia spazio a niente, anche perché ancora non lo conosciamo! Non sappiamo quando un paziente Covid è guarito, quindi neanche quando non è più contagioso. Ci sono casi di persone positive, e contagiose, dopo 20-30 giorni dalla scomparsa dei sintomi.  Non sappiamo se ci sarà mai la famosa immunità di gregge, perché non conosciamo la resistenza degli anticorpi di chi ha già fatto la malattia. Abbiamo ancora troppe domande senza risposta da un punto di vista della salute del cittadino. E non si può secondo me aprire senza un piano ben dettagliato sul come”.


Un piano che prevede l’uso delle mascherine?
“È chiaro che quando si potrà riaprire bisognerà dare una soluzione a questo problema”.


I test a tappeto?
“Questa è sempre stata una delle mie idee che purtroppo in Ticino non ha ancora trovato un consenso”.

 
La capacità d’isolare immediatamente gli ammalati e i loro contatti, in modo da spegnere sul nascere i nuovi focolai?
“Ecco, questo è uno degli aspetti principali che non possiamo permetterci di sbagliare. All’inizio di questa storia ci abbiamo provato, ma siamo stati travolti dalla marea. Adesso non possiamo fare in modo che accada di nuovo. Dobbiamo essere capaci d’isolare immediatamente i positivi e mettere in quarantena le persone entrate in contatto. Per questo continuo a dire che quando si parla di aperture, bisogna avere pronte le misure d’accompagnamento”.

Oggi anche il Prof Moccetti - che come lei ha firmato l’appello al Governo per un lockdown fino al 4 maggio - ha voluto far sentire la sua voce e mettere in guardia dai pericoli di un’apertura affrettata (leggi articolo correlato).
“Ribadisco che prima di maggio non si deve aprire, è sbagliato farlo. Le conseguenze possono essere veramente catastrofiche. Abbiamo i dati in mano per capirlo. Una nuova ondata potrebbe essere anche più cattiva di quella che abbiamo appena passato e potrebbe colpire anche fasce più giovani della popolazione. Di sicuro,  ci fregheremmo l’intera estate. Si sta veramente giocando con il fuoco con queste aperture frettolose. Come medici non possiamo accettare questa situazione senza dire che è sbagliato. Abbiamo il dovere di opporci per una questione di coscienza e di etica”. 

Qual è il suo appello al Governo, allora?
“Il mio invito, la mia preghiera, al Consiglio di Stato è di non fare nulla di più di quello che è stato fatto prima di maggio. Noi medici ci stiamo già preparando a una seconda ondata. La forza di  questa ondata dipenderà dalle decisioni dei politici, del Consiglio Federale e del Consiglio di Stato”.

Per ascoltare la conversazione integrale con Franco Denti (clicca qui)

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