CORONAVIRUS
Luca Pissoglio: "Come pediatra dico che è un azzardo riaprire le scuole l'11 maggio. E come sindaco di Ascona..."
"Chi si assume la responsabilità di riaprire le scuole senza poter garantire la distanza sociale? A settembre avremo molti più dati e potremo aprire con maggiore coscienza”
TiPress/Davide Agosta

di Marco Bazzi

ASCONA - Riaprire le scuole dell’obbligo l’11 maggio o rimandare a settembre il ritorno sui banchi, con qualche eccezione per le ultime classi? Il tema è al tempo stesso sanitario e politico. Il ministro Manuele Bertoli sembra deciso ad andare avanti con la riapertura, seppure parziale e controllata, nonostante le forti opposizioni da parte di sindaci, municipali, deputati, medici e docenti. Così, mentre in tutta Italia (e non solo in Lombardia e nelle regioni più colpite dal Covid19) il primo ministro Conte annuncia la riapertura delle scuole “già a settembre”, in Ticino si scalpita per rimandare gli allievi sui banchi prima di metà maggio…


Il dottor Luca Pissoglio, pediatra e sindaco di Ascona, è tra coloro che ritengono un azzardo riaprire il mese prossimo.

Per quale motivo, dottore?

“Perché penso che al momento attuale non disponiamo di dati sufficienti per poter riaprire le scuole con tutta tranquillità”.


Ma Daniel Koch, il front man dell’Ufficio federale della sanità nella gestione della pandemia da Covid19, sostiene che i bambini non sono vettori del contagio e ritiene dunque sensato riaprire le scuole l’11 maggio.

“Ricordo che Koch era quello che a metà marzo diceva che avremmo potuto tranquillamente organizzare cene tra amici e mandare i bambini al parco. Lui si basa su uno studio di Ginevra non ancora pubblicato e che ancora non è completo. È chiaro che in Cantoni che hanno registrato pochi contagi il discorso è diverso, ma in Ticino abbiamo una situazione molto diversa e se acceleriamo troppo le riaperture rischiamo una seconda ondata epidemica. Confiniamo con la Lombardia, una regione che ha vissuto settimane drammatiche, e dobbiamo essere molto più cauti”.


Cosa intende quando dice che non abbiamo sufficienti dati epidemiologici sui bambini?

“Intendo che non abbiamo potuto fare tamponi a nessun bambino che non avesse un sospetto di polmonite. Personalmente quindi non ne ho ‘strisciato’ nemmeno uno, ma in gennaio ho avuto il 20% in più di pazienti con tosse e febbre. Per questo dico che i dati di cui disponiamo oggi sono troppo pochi. Solo quando potremo dosare gli anticorpi anche a loro sapremo di più. Sappiamo che la carica virale dei bambini è più bassa rispetto a quella degli adulti, ma non sappiamo quanto siano realmente contagiosi. C’è ancora troppa incertezza su questo punto”.


Sempre più spesso di sente parlare di “immunità di gregge” come soluzione per affrontare il futuro della pandemia...

“Se aspettiamo l’immunità di gregge rischiamo la seconda ondata di contagi. Per raggiungere l’immunità di gregge quando parliamo di morbillo dobbiamo arrivare all’80/90 per cento della popolazione. Per il Covid19 si dice che basterebbe il 60 per cento, ma oggi siamo al 5, massimo 10 per cento di contagi. Cosa dovremmo fare per raggiungere l’immunità di gregge? Aprire tutto e vedere cosa succede?”.


Fin qui il discorso è quello dell’infettivologo. Come pediatra invece cosa dice?

“Dico che la scuola non è soltanto un luogo dove si impara, ma anche dove ci si incontra e si gioca. È quindi impensabile far tornare i bambini in aula mantenendo la distanza di due metri, anche se ora il ministro Bertoli afferma che un solo metro basta, e con entrate scaglionate. Pensiamo alla scuola d’infanzia, ma anche alle elementari… Secondo me è assurdo sostenere che si potranno riaprire le scuole garantendo il rispetto delle distanze sociali. Se le si vuole riaprire si abbia il coraggio di dire che è un tentativo per vedere cosa succede sul fronte dei contagi”.


A chi sostiene che i bambini non ce la fanno più a stare chiusi in casa, lontano dai compagni e che hanno bisogno di rivederli, cosa risponde?

“Che tutti dobbiamo fare sacrifici e rinunce e i bambini/ragazzi lo stanno capendo. Ma la domanda di fondo è sempre la stessa: chi si assume la responsabilità di riaprire le scuole senza poter garantire la distanza sociale? A settembre avremo molti più dati e potremo aprire con maggiore coscienza”.


Infine una domanda a Luca Pissoglio in veste di sindaco di Ascona. Come intendete muovervi nei prossimi giorni?

“Non siamo tra i Comuni che hanno chiuso anticipatamente le scuole, perché siamo dell’idea che se non c’è una linea unica generiamo insicurezza e rabbia nella popolazione. In linea di principio abbiamo sempre seguito il Cantone, speriamo che decida per settembre. In caso contrario se ci saranno diversi comuni che si opporranno a riaprire l’11 maggio bisognerà sedersi al tavolo con il Dipartimento e discutere tutti insieme”.

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