“L’ambiente che mi ha ospitato è unico, drammatico e sconvolgente”, scrive l’autore nella prefazione alla sua raccolta poetica “Uno di voi”
LUGANO - Sedici poesie "scritte d’impeto e senza ripensamenti” durante i 99 giorni trascorsi dietro le sbarre, tra il 22 agosto e il 29 novembre dello scorso anno. Non lettere dal carcere, ma poesie, appunto, che Paolo Clemente Wicht ha raccolto in un libricino intitolato “Uno di voi”. Versi che, scrive l’autore - protagonista di una vicenda giudiziaria controversa e non ancora conclusa -, “trasmettono 16 miei messaggi personali, profondi, intimi ed intensi”.
L’ambiente che mi ha ospitato, aggiunge nella breve prefazione, “è sicuramente unico, drammatico e sconvolgente. La forza di questa condizione estrema arriva direttamente all’anima dell’uomo sensibile e, dall’anima, sono uscite queste frasi a comporre versi irripetibili”.
Parole e versi che raccontano i turbamenti e le angosce di un uomo recluso, privato della sua libertà. Che rievocano momenti, situazioni, immagini del suo passato personale, ma che parlano anche dei giorni della prigionia, dello smarrimento, della paura, della solitudine, dell'amore... Come “Colloqui sorvegliati”: “Mani che si stringono, carezze che danno i brividi alla schiena, gesti abili che trasmettono i mille messaggi che non possono uscire dalle nostre bocche strozzate (…). Nell’ultimo bacio, mentre gli sguardi si aggrappano in un abbraccio, cerco la forza e il coraggio per navigare fino al prossimo incontro”.