ULTIME NOTIZIE News
Il Federalista
01.06.2024 - 08:070

La polizia morale di Hamas a Gaza

In perfetto stile STASI, ecco come l'organizzazione controllava - e per quanto può controlli ancora - opinioni, comportamenti e costumi morali della popolazione della Striscia

Contributo a cura della redazione de ilfederalista.ch

Hamas ha la sua STASI (la famigerata Staatssicherheit della DDR), tramite la quale reprime il dissenso nella Striscia, attraverso le minacce e il cosiddetto “Kompromat” (trappole per incastrare i “soggetti pericolosi”). Ma la fonte di ispirazione, rimanendo al presente e senza andare troppo lontani, è assai probabilmente la polizia morale degli ayatollah iraniani.

Alcuni documenti giunti sulla scrivania del New York Times gettano nuova luce sul controllo delle opinioni operato dal gruppo islamista che governa da più di 15 anni Gaza.

Secondo tali documenti il gruppo islamista manteneva e mantiene tuttora, dove può, una fitta rete di spie che oltre a prevenire il dissenso pubblico svolgono anche il ruolo di polizia morale segreta.

I documenti sarebbero giunti nelle mani dell’intelligence israeliana alcune settimane prima dell’attacco del 7 ottobre 2023. I testi esaminati dal NYT includono file di intelligence che vanno dall’ottobre 2016 all’agosto 2023, con informazioni su circa 10.000 palestinesi. Persone finite nei fascicoli dell’unità speciale di sicurezza per aver partecipato a varie forme di protesta o per aver criticato pubblicamente Hamas.

I documenti mostrano che i leader di Hamas, nonostante amino ripetere di avere il pieno sostegno del popolo, non tollerano il sia pur minimo accenno di dissenso. Gli 007 islamisti si occupano anche di rimuovere critiche dai social media e raccogliere dati per diffamare gli avversari politici.


Presi tra l’incudine e il martello.

Rinchiusi nella prigione del blocco israeliano e sotto la sorveglianza costante di Hamas: "Da una parte le bombe dell'occupazione e dall’altra la criminalità da parte delle autorità locali", ha detto in un'intervista telefonica da Gaza al NYT, Ehab Fasfous, un giornalista della Striscia di Gaza. Il suo nome appare negli archivi dell’unità segreta di Hamas.

Fasfous, 51 anni, è etichettato in un rapporto come “uno dei maggiori odiatori del movimento Hamas”. Secondo la sua testimonianza, durante una manifestazione dello scorso agosto, quando il popolo gazese era sceso in piazza per lamentarsi delle interruzioni di corrente e per le difficili condizioni di vita, uomini in borghese gli avrebbero sottratto il telefono.

Secondo il giornalista, i servizi di Hamas gli avrebbero rinfacciato di intrattenere contatti con residenti nello Stato di Israele (tutti commercianti arabi palestinesi, secondo Fasfous). Avrebbero anche approfittato del possesso del suo cellulare per inviare messaggi ambigui a una sua collega di lavoro: “Volevano incolparmi di una violazione morale”, ha detto Fasfous al NYT. “Se non sei con loro, diventi un ateo, un infedele e un peccatore”.


La polizia morale, modello Teheran

L'unità, il cui nome è “Servizio di sicurezza generale” (SSG), faceva affidamento su una rete di informatori, alcuni dei quali pronti a denunciare i propri vicini alla polizia. I servizi israeliani paragonano gli agenti della SSG alla STASI della Repubblica Democratica Tedesca: “Hanno sempre un occhio sulla strada”, ha riferito un ex ufficiale dell’intelligence israeliana all’NYT.

L’SSG sarebbe un organo controllato dal partito politico Hamas. Si tratterebbe di nuova unità segreta emersa di recente, la terza unità di sorveglianza presente a Gaza, assieme all’intelligence militare, che si occupa di Israele, e al Servizio di sicurezza interna legato al ministero degli Interni. I file mostrano come il Servizio di Sicurezza Generale preferisca, alla violenza, tattiche di censura e intimidazione

Alla ricerca di materiale compromettente

L’SSG, avrebbe anche contribuito a imporre un ordine sociale islamista. Nel dicembre 2017, ad esempio, le autorità hanno indagato, sulla base di una "soffiata", una donna che si sarebbe comportata in modo immorale con un uomo proprietario di un negozio di abbigliamento, trattenendosi per ore con lui.

Un altro rapporto dell'ottobre 2016, descrive invece giovani uomini e donne che compivano non meglio specificati “atti immorali” in un ufficio dell'Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP), a Khan Younis. Com’è noto, la rivalità tra Hamas e OLP è feroce e il gruppo di Haniyeh e Sinwar ha tutti gli interessi a screditare gli uomini di Abu Mazen.

Gli agenti -si deduce sempre dai report- seguivano e spiavano, laddove possibile, anche i giornalisti stranieri che operavano nel territorio di Gaza, prendendo nota delle persone intervistate o incontrate dai reporter.


Le rivelazioni ribaltano il discorso dei leader israeliani

Secondo Haaretz il Governo israeliano avrebbe lanciato negli scorsi giorni una campagna inaugurata con il lancio di volantini nella Striscia e la pubblicazione di un sito internet: sulla piattaforma un cittadino di Gaza può inserire il suo numero di identità e scoprire se il suo nome appaia nei file nonché, in tal caso, quale sia il nome della persona che lo ha denunciato.

Secondo il quotidiano della sinistra israeliana, sulla homepage del sito lanciato dalle autorità militari di IDF, appaiono anche storie non coperte dal velo protettivo dell'anonimato: "L'apparato di sicurezza generale di Hamas ha spiato xy (nome completo), sospettato di essere omosessuale…"; oppure: “Ha spiato un giovane uomo sposato (si fornisce anche qui il nome completo), sospettato di aver avuto incontri proibiti con una donna", sono alcuni esempi leggibili sul sito secondo Haaretz. Evidentemente l’intento israeliano è anche propagandistico: insidiare l’egemonia di Hamas nella Striscia e nella misura del possibile frammentare la società gazese.

È però interessante la nota di giudizio aggiunta dal New York Times. Le rivelazioni vanno a collidere con alcune delle esternazioni più dure da parte dei leader israeliani: “Come quella del Presidente Isaac Herzog che ha incolpato i gazesi di non aver rovesciato Hamas prima degli attacchi del 7 ottobre”. “C'è un'intera nazione che è responsabile”, aveva sentenziato il presidente, “e questa retorica secondo cui i civili non erano consapevoli, non erano coinvolti, non è assolutamente vera. Avrebbero potuto insorgere”.

In realtà, come la documentazione in possesso del NYT rivela, ribellarsi a Gaza non era per nulla facile. Gli abitanti della Striscia erano spiati di continuo e sapevano di esserlo. Anche se molti dei rapporti rinvenuti non contengono altro che note sulla vita quotidiana dei gazesi, molte persone nella Striscia “ci pensano quattro volte prima di fare qualsiasi cosa”, ha detto al quotidiano nuova yorkese Michael Milshtein, ex ufficiale dei servizi segreti israeliani specializzato in affari palestinesi.

 

Resta connesso con Liberatv.ch: ora siamo anche su Whatsapp! Clicca qui e ricorda di attivare le notifiche 🔔
Potrebbe interessarti anche
Tags
News e approfondimenti Ticino
© 2024 , All rights reserved