Non solo Paolo Beltraminelli ma l’intero Consiglio di Stato ha responsabilità nel caso Argo1
BELLINZONA - Non solo Paolo Beltraminelli ma l’intero Consiglio di Stato ha responsabilità nel caso Argo1. La Commissione presieduta da Michele Foletti, scrive oggi il Caffè, pubblicando le conclusioni del rapporto della CPI, sostiene che nella gestione dell’emergenza migranti "il ruolo di governo è venuto meno".
Nonostante le numerose sollecitazioni ricevute da parte del Gran Consiglio, evidenzia la Cpi, il Consiglio di Stato ha lasciato che la questione venisse gestita unicamente a livello dipartimentale, "senza una concreta presa di consapevolezza governativa". Nessuno si è reso conto, prosegue la Cpi, che l’emergenza migranti "aveva una ampiezza e ripercussioni che travalicavano l’ambito operativo del Dss". La dimostrazione, secondo la Commissione, "che l’esecutivo continua a privilegiare una sorta di rinuncia di responsabilità, lasciando ai singoli dipartimenti il compito di risolvere problemi anche complessi".
Il governo ha sbagliato, dunque. In primis il Dipartimento sanità e socialità diretto da Paolo Beltraminelli. Ma anche il Dipartimento delle finanze e dell’economia di Christian Vitta e il Dipartimento delle istituzioni di Norman Gobbi.
Per quanto riguarda Beltraminelli, la Cpi gli rimprovera di aver sottovalutato il problema e nel contempo sopravvalutato la capacità dei suoi collaboratori. Il direttore del Dipartimento sanità e socialità, Beltraminelli, ha peccato di troppa fiducia.
Per la precisione, scrive il Caffè, di una "fiducia incondizionata nei confronti dei propri funzionari". Tanto che alcune informazioni di Beltraminelli al Gran Consiglio non sono state del tutto corrette.
I funzionari non avrebbero insomma riportato informazioni o dettagli importanti relativi alla gestione degli asilanti e, in particolare, sul caso dell’agenzia di sicurezza Argo1 che era subentrata alla Rainbow nell’estate 2014.
Ma già nel 2012, secondo la Cpi, Betraminelli avrebbe dovuto coinvolgere maggiormente il Governo. Cioè quando si decise di cambiare il sistema di gestione. Il ministro però, scrivono i "commissari", "non lo fece", limitandosi ad una risoluzione governativa per affidare temporaneamente alla Divisione dell’azione sociale delle famiglie (Dasf) la gestione dei Centri asilanti.
Fu quindi già nel 2012 che, secondo la Commissione, Beltraminelli commise la prima superficialità. Anche se "probabilmente", sottolineano i "commissari", non volle nascondere nulla. Semplicemente ritenne di potersi fidare dei suoi collaboratori, "che, come abbiamo visto, non sono stati all’altezza della situazione".
Una fiducia, stando alla ricostruzione della Commissione, che non è stata ricambiata da una "sufficiente comunicazione interna al dipartimento e nei suoi confronti".
Beltraminelli, aggiunge la Cpi, è stato "coerente e pragmatico" nelle sue ricostruzioni davanti alla Commissione. Il suo rispetto della gerarchia dei funzionari in questo settore ha talvolta permesso ad alcuni collaboratori di "fare e disfare a sua insaputa".
Ma c’è un errore grave che secondo la Commissione Paolo Beltraminelli ha commesso: ha sottovalutato un problema complesso, vale a dire la gestione dei richiedenti l’asilo, e sopravvalutato le capacità dei suoi collaboratori. I "commissari" sottolineano che le responsabilità del direttore del Dss sono chiare. È lui il capo della sua amministrazione e come tale ne risponde. "Indipendentemente da chi siano i capi divisione, i capi ufficio o i responsabili dei servizi".
Tra i funzionari, quello che secondo la Commissione ha "le maggiori responsabilità" nello scandalo è Claudio Blotti, all’epoca capo della Divisione dell’azione sociale e delle famiglie. Nei suoi confronti vengono espresse pesanti critiche, non solo per l’assegnazione del mandato diretto ad Argo1 ma anche per la gestione del settore dell’asilo nel suo insieme. Non ha vigilato sul rispetto delle leggi, sottolinea la Cpi, e ha usato la motivazione della situazione di emergenza per attribuire tutta una serie di mandati senza risoluzione governativa.
Severi rimproveri vengono mossi anche nei confronti di Renato Scheurer. La Cpi sostiene che ha gestito la vicenda con "approssimazione e superficialità", che si è sottratto ai propri compiti di vigilanza e verifica e che ha ritrattato delle affermazioni precedentemente fatte. E che, con l’accordo di Blotti, ha ripetutamente violato il regolamento sulle deleghe.
Un capitolo riguarda poi Renato Bernasconi, dapprima responsabile della Sezione delle finanze e dall’ottobre 2016 capo della Divisione dell’azione sociale, in sostituzione di Blotti. Nel suo primo ruolo viene biasimato per "tutta una serie di leggerezze e disfunzioni" che hanno permesso il pagamento di numerose fatture senza che vi fossero i necessari giustificativi.
Nel secondo ruolo, tra le altre cose, di non aver avvisato Beltraminelli della vicenda di Bormio e dell’incontro avvenuto nel suo ufficio con Carmela Fiorini e Fiorenzo Dadò. E con Bernasconi si torna al Dfe, nella cui Sezione delle finanze "si sono riscontrate importanti negligenze". Anche in questa sezione, scrive la Cpi, si è vista "una mancanza di comunicazione gerarchica che ha favorito alcune disfunzioni nei procedimenti di controllo e vigilanza". Infine una bacchettata colpisce anche il Dipartimento delle istituzioni che, pur avendo collaborato nel trovare la disponibilità nei centri della Protezione civile, "non ha colto la portata del problema".