Dal caso dell’incidente che ha coinvolto il ministro ai siluri lanciati sulle istituzioni. Ecco gli ospiti del dibattito
A quasi un mese dalla notizia dell’incidente stradale che ha coinvolto il consigliere di Stato Norman Gobbi – era il 14 marzo quando la Regione ha pubblicato la notizia – e dalla raffica di domande rivolte al Governo presidente del Centro, Fiorenzo Dadò, il caso resta avvolto in una fitta nebulosa di dubbi, sospetti, ipotesi e illazioni.
Ci sono state irregolarità nella constatazione dell’incidente da parte della polizia? E se sì, da parte di chi, precisamente? I test alcolemici sul ministro sono stati effettuati nel rispetto delle regole? Ci sono state omissioni o tentativi di occultare dettagli rilevanti?
Tra lettere anonime e accertamenti penali
Il caso continua a far discutere – alimentato anche da due lettere anonime circolate in queste settimane - nonostante l’alone di mistero che lo avvolge e il riserbo legato all’inchiesta penale in corso. Il 26 marzo, infatti, il Ministero pubblico ha comunicato di aver aperto un procedimento, ipotizzando i reati di abuso di autorità e favoreggiamento. Sappiamo solo che l’incidente è avvenuto il 14 novembre dell’anno scorso poco dopo la mezzanotte sulla corsia autostradale in direzione nord in zona Stalvedro, e che per ora l’inchiesta è aperta contro “ignoti”. L’unico indagato è un quadro della Polizia cantonale.
L’opinione pubblica si è divisa tra colpevolisti, innocentisti e attendisti e, nonostante le poche certezze, sono fioccate prese di posizione da ogni parte politica e settimana prossima il caso Gobbi potrebbe essere al centro della seduta del Gran Consiglio. Il condizionale è d’obbligo perché il 26 marzo il Governo ha fatto sapere che, alla luce del procedimento, gli atti parlamentari rimangono sospesi in attesa degli accertamenti penali.
L’autosospensione di Gobbi
Il giorno dopo, tramite il suo legale, Renzo Galfetti, Gobbi ha annunciato l’autosospensione dalla direzione politica della Polizia. Lo stesso giorno Dadò è tornato alla carica, affermando che “anche chi ricopre funzioni dirigenziali all’interno della polizia, ad esempio il comandante Matteo Cocchi, ma non solo, dovrebbe riflettere se non sia opportuno farsi da parte temporaneamente”.
E sempre il 28 marzo la Lega ha diramato un comunicato stampa affermando che il passo indietro di Gobbi non era un atto necessario, e puntando il dito per la seconda volta contro “lo scandaloso trattamento riservato al consigliere di Stato dalla partitocrazia e dai media al servizio della medesima, giustificato unicamente da motivi politici”.
La “difesa” di Galfetti
Il giorno prima, Galfetti ha rilasciato alcune dichiarazioni a liberatv. “In base alla documentazione che ho potuto visionare, i due controlli dell’alcolemia sono avvenuti nel rispetto delle procedure”, ha affermato. E ha smontato la tesi, ipotizzata in un servizio della RSI, che dopo l’incidente l’auto del ministro sia stata portata nel Canton Uri: “Carte alla mano, affermo che il veicolo non ha mai lasciato il Ticino. È stato dapprima portato al garage Wolfisberg di Airolo, subito dopo l’incidente, e il giorno seguente in una carrozzeria di Bodio dove è stato riparato”.
Noi: “La cattiva condotta della polizia”
Poi è arrivata la Pasqua e la tensione sul caso si è allentata. Ma il 2 aprile il deputato dei Verdi Marco Noi ha sparato un siluro. Partendo dal caso Gobbi e passando dalla demolizione dell’ex Macello di Lugano ha scritto: “La cronaca degli ultimi anni ci ha presentato avvenimenti che insinuano il sospetto di un operato più che discutibile della polizia (…). Di questa (cattiva) condotta qualcuno deve assumersene volente o nolente la responsabilità, sia dal punto di vista operativo sia da quello politico”.
Galusero: “Il malessere in polizia”
Qualche giorno dopo, Giorgio Galusero, ex deputato del PLR e per anni ufficiale della Cantonale, ha affidato alcune riflessioni al portale tio: “Sembra che stia emergendo un certo malessere all'interno del corpo di polizia. Le fughe di notizie c'erano anche ai miei tempi. Solitamente si trattava di informazioni legate a un’inchiesta. Qui invece siamo di fronte a qualcosa di più sottile. Con un attacco ai piani alti della polizia. Non rammento situazioni simili in passato. Sembra quasi che si aspettasse il pretesto per tirare fuori certi temi scomodi. Non si può ignorare questo aspetto”.
Gli ospiti di Matrioska
Quindi? Galusero preciserà la sua posizione questa sera a Matrioska, in onda alle 19,30 su TeleTicino. Con lui, ospiti di Marco Bazzi, Fiorenzo Dadò, Marco Noi, il vice-coordinatore Lega Daniele Piccaluga, il deputato dell’UDC Tuto Rossi e il vicedirettore del Corriere del Ticino Gianni Righinetti. Titolo: “Di Gobbi, di polizia e di giustizia”.
Pagani: “Sulla magistratura manca una regia a livello politico”
Già, perché nel frattempo i riflettori si sono accesi anche sul Ministero pubblico: “Per la giustizia ticinese è ora che suoni la sveglia”, ha affermato il 3 aprile il criminologo Michel Venturelli, coordinatore del collettivo ‘T’aspettofuori’ lanciando la manifestazione dell’indomani di fronte a Palazzo di giustizia. Gli ha replicato sulla Regione il procuratore generale Andrea Pagani, lanciando un altro siluro: “Il Ministero pubblico ticinese non ha bisogno di sveglie. La sveglia Venturelli dovrebbe semmai consegnarla ad altri. Sulla magistratura ticinese manca una regia a livello politico, che spetterebbe in prima battuta all’Esecutivo”.
Stauffer: “La giustizia in Ticino è un terno al lotto”
Finito qui? Ancora no, perché sabato, sempre sulla Regione, riprendendo un precedente intervento dell’avvocato Paolo Bernasconi, l’ex procuratore pubblico Emanuele Stauffer ne ha lanciato un altro: in Ticino “il procedimento penale, il suo esito cioè, dipende da chi lo gestisce. La giustizia quindi non solo non è uguale per tutti, ma è un terno al lotto”. Stauffer ha puntato il dito contro i procuratori “meno competenti, che non hanno le capacità necessarie per condurre e concludere inchieste complesse”. Precisando che “peraltro, é sempre stato così. Ieri come oggi”.
Torniamo così, ha annotato, “al problema, mai risolto e che la politica non vuole risolvere, riguardante le modalità di scelta e di nomina dei magistrati”.