Probabilmente l’ormai ex amministratore delegato del gruppo MediaTi, Marcello Foa, non si aspettava che la sua nomina alla presidenza della RAI avrebbe scatenato un vespaio di tali proporzioni
Probabilmente l’ormai ex amministratore delegato del gruppo MediaTi, Marcello Foa, non si aspettava che la sua nomina alla presidenza della RAI avrebbe scatenato un vespaio di tali proporzioni. Probabilmente pensava che la benedizione dei ministri Matteo Salvini e Luigi Di Maio, i leader di Lega e 5 Stelle – ma soprattutto del primo -, sarebbe bastata a blindare la sua nomina anche di fronte alla Commissione Vigilanza RAI. Ma così non è stato. Nessuno aveva tenuto conto del “fattore Banana” (così è soprannominato su alcune testate Silvio Berlusconi).
Il 1° agosto è stato il giorno della débâcle e ha segnato la bocciatura di Foa: la sua nomina alla presidenza andava ratificata dai 2/3 dei componenti della Commissione parlamentare di vigilanza RAI, dove però ha ottenuto solo 21 voti sui 27 necessari.
Il nome del giornalista italo-ticinese (nato a Milano nel ‘63, ma cresciuto a Lugano, dove già nell’84 collaborava con ‘Gazzetta Ticinese’) non piaceva non solo al Partito democratico ma nemmeno a Silvio Berlusconi, leader di Forza Italia. E Salvini non è riuscito a fargli cambiare idea nemmeno durante il blitz mattutino di mercoledì all’ospedale San Raffaele, dove il Cavaliere si sta sottoponendo ad alcune terapie.
Risultato: la proposta di Foa alla testa della radiotelevisione italiana ha spaccato il centro-destra provocando una frattura che è ancora difficilmente decifrabile.
Tra le tesi, c’è anche quella che Salvini intenda approfittare della rottura per tentare di liquidare Forza Italia, facendo convergere nella sua Lega alcuni personaggi stufi del berlusconismo.
Quanto vale (in soldi) la presidenza della RAI
Per ora Foa rimane nel CdA della RAI, “in attesa di indicazioni dell’azionista”, come ha fatto sapere dopo la bocciatura.
Ma la differenza tra questo ruolo e quello di presidente in termini economici è importante: un semplice consigliere percepisce un massimo di 66'000 euro all’anno, mentre il presidente ne prende (sempre al massimo) 250'000.
E questi conti, prima di lasciare il gruppo MediaTi e mettersi nelle mani di Salvini e Di Maio, Foa li ha certamente fatti…
Lo statuto del Consiglio di amministrazione della RAI prevede che il consigliere anziano (e Foa lo è) possa assumere il ruolo di presidente “facente funzioni”, cioè un presidente per l’ordinaria amministrazione. Ma è un titolo che vale poco… In potere e in denaro.
Anche perché Foa, spuntato dal nulla come una meteora in questa torrida estate della politica italiana, è finito al centro di un fuoco incrociato. E nei suoi confronti è iniziato, da destra a sinistra, un tiro al piccione.
L’ideologo dei 5 Stelle a Di Maio: molla Foa
Dopo la clamorosa bocciatura del 1° agosto, il docente di filosofia Paolo Becchi, da alcuni considerato ideologo dei 5 Stelle, scriveva su Libero Quotidiano: “Conviene ora insistere su Foa come Presidente ‘facente funzione’, pur sapendo che resterà fortemente depotenziato, che non sarà mai un Presidente ‘effettivo’? O non sarebbe piuttosto il caso di puntare su un candidato condiviso anche da Forza Italia?”.
Secondo Becchi la mossa più intelligente da fare sarebbe ora quella di “portare a casa le nomine dei direttori dei Tg, cosa che il Cda può fare benissimo anche con un Presidente ‘depotenziato’, e iniziare a lavorare sulle conduzioni dei talk show, garantendo quel pluralismo d’informazione che ormai manca da più di un lustro nella televisione pubblica. E nel frattempo lasciare decantare la situazione sulla nomina del presidente. In questo modo Salvini avrà tutto il tempo per convincere Berlusconi a trovare un nome condiviso, chiunque esso sia. Sempre che sia interessato a ricucire. Certo è difficile parlare di ‘centrodestra’ dopo queste performance. E si dovrebbe ormai prendere atto del fatto che quella esperienza politica si è ormai conclusa”.
Insomma, il messaggio di Becchi a Salvini sembra chiaro: Matteo, molla Foa.
Tanto Di Maio, che non difetta in furbizia, ha ottenuto in RAI ciò che voleva, e ieri, ma guarda un po’, ha sposato pari pari la tesi di Becchi: “Se non c'è intesa, mi pare chiaro che il nome di Foa non può tornare. Questo lo dice la legge, non io”, ha dichiarato, chiedendo a Salvini di "evitare forzature e di cercare una figura alternativa”.
La rivolta della Federazione della stampa e del sindacato dei giornalisti
Il povero Foa è insomma finito in una tempesta perfetta e di fronte al suo nome si è alzato un fuoco di sbarramento. In prima fila, a sparare, ci sono la Federazione nazionale della stampa e il sindacato dei giornalisti RAI, l’Usigrai, che hanno chiarito: “Foa come consigliere anziano può esclusivamente convocare, e con urgenza, il Consiglio di amministrazione per dare finalmente alla Rai un presidente di garanzia. Un qualunque altro atto che andasse oltre sarebbe una frode della legge e una usurpazione delle attribuzioni della commissione di Vigilanza. L'autoproclamazione come 'coordinatore' del Cda, figura non prevista da alcuna norma, più che una furbata lessicale è uno sfregio al Parlamento”.
Federazione della stampa e Usigrai hanno addirittura costituito “un osservatorio legale per monitorare le attività del Cda”.
Il figlio di Foa lavora per Salvini. I sindacati: “Si dimetta”
Ieri è scoppiata un'altra piccola bomba: il settimanale L’Espresso (che qualche settimana fa, in tempi non sospetti, aveva tirato in ballo Foa in un articolo sui ‘Sovranisti con le casse in Svizzera”) ha rivelato che uno dei figli di Foa, il 24enne Leonardo, lavora nello staff di Salvini.
Federazione della stampa e Usigrai hanno preso la palla al balzo: “Se confermato non ci sarebbe altra strada che le dimissioni immediate dal Cda. Siamo certi che Marcello Foa, studioso di fake news, risponderà con esemplare chiarezza, tipica del 'giornalismo libero, trasparente e intellettualmente onesto', alla notizia pubblicata da L'Espresso secondo la quale il figlio lavorerebbe nello staff del ministro dell'interno Matteo Salvini”.
E hanno aggiunto: “Anche perché, se fosse vera, getterebbe un'ombra inquietante sulla sua autonomia e indipendenza nello svolgimento del ruolo sia come presidente che come semplice consigliere di amministrazione della Rai”.
Salvini: “Nessun imbarazzo”
Salvini ha confermato, dichiarando: "Da parte mia nessun imbarazzo”. “Leonardo Foa – ha precisato il Viminale -, giovane laureato con master e trilingue, ha studiato la comunicazione social di Salvini nel progetto di tesi. In questo modo ha cominciato a collaborare con lo staff, esperienza proseguita da quando Salvini è diventato ministro e ora fa parte del team di comunicazione”.
Le bordate del ‘Foglio’ di Giuliano Ferrara
Tra chi a Foa ha fatto e sta facendo pelo e contropelo c’è anche ‘il Foglio’, di Giuliano Ferrara, che da tempo sta massacrando Salvini, soprannominato “Il Truce”.
“Il demagogo giovane, inesperto, e questo entro certi termini vale anche per il suo vice socio – scriveva ieri Ferrara in un articolo intitolato ‘L’emergenza è Salvini al Viminale’ -, non sa distinguere tra la funzione pubblica in materia di sicurezza e di governo e il putridume del linguaggio privato, occasionale, mefitico e ribaldo”.
E sulle alternative a Foa per la presidenza RAI: “I campioni culturali della destra esistono, non si capisce perché quel grossolano buontempone del Truce, seguito da Giggino (Di Maio, ndr), abbia tirato fuori dal cilindro, per adesso e con forzature di ogni genere, personalità che hanno trafficato con l’imbroglio politico, tecnicamente due imbroglioni a cui su Twitter, organo rivelatore quanto mai altri, è scappata con regolare continuità la mano sbagliata”.
Il Foglio ha tirato fuori la storia della fake news di Foa, pubblicata nell’aprile del 2017 sul Corriere del Ticino, sui 150'000 riservisti americani mobilitati in vista di un conflitto con la Siria, e perfino le tensioni con il direttore del Corriere del Ticino Fabio Pontiggia: “Alcuni insider riferiscono che tra i due ci sia un’antipatia fortissima, condita di risentimenti ideologici. C’entra, come spesso accade in questa nuova stagione politica, la Russia”.
Dopo essere stato a più riprese inviato a Mosca tra il 1993 e il 2008, scriveva ancora ‘Il Foglio’, “Foa è oggi noto per essere un sostenitore del governo russo. Appare spesso come commentatore sugli schermi di Russia Today, che è il canale satellitare in lingua inglese voluto dal Cremlino per sostenere di fronte al mondo le proprie politiche e le proprie versioni dei fatti che riguardano la Russia. La cassa di risonanza russa non funziona soltanto con Rt o con Sputnik, ma anche con una serie di siti, blog e commentatori che fanno risuonare in particolare sui social media la versione putiniana dei fatti del mondo”.
Dalla Russia con furore (contro il presidente Mattarella)
Il Corriere della Sera ha tirato in ballo Foa (seppure in modo molto prudente e indiretto) anche sul caso dei falsi twitter russi contro il presidente Mattarella. L’articolo pubblicato ieri raccontava “la notte tra il 27 e il 28 maggio 2018. Quella che segue il no del presidente della Repubblica alla designazione di Paolo Savona nel ruolo di ministro dell’Economia per il governo gialloverde destinato a nascere qualche giorno dopo, il primo giugno. Quella in cui il leader dei 5 Stelle, Luigi Di Maio, proprio a causa del rifiuto pronunciato dal Colle, annuncia l’intenzione di avviare la procedura di impeachment contro il capo dello Stato.
Alle due del mattino, improvvisamente, si registra su Twitter un’attività assolutamente anomala: in pochissimi minuti si registrano circa 400 nuovi profili, tutti riconducibili a un’unica origine. Profili dai quali partono subito migliaia di messaggi — con ogni evidenza già pronti — in un attacco moltiplicato con lo stesso obiettivo: Sergio Mattarella. Al quale, tra varie volgarità, si intima di dimettersi”.
Al Quirinale scatta l’allarme, scriveva ancora il Corriere, e grazie al lavoro della polizia postale si stabilisce che la fonte di tutto è una sola e che si trova in Russia. “A Mosca e dintorni, del resto, ci sono le cosiddette ‘fabbriche dei troll’ (espressione gergale per definire i falsi utenti che manovrano l’informazione)”.
Il Corriere ipotizza che la scia di falsi twitter possa essere legata ad ambienti riconducibili, citiamo, “alla televisione ‘Russia Today’ (della quale era ospite fisso Marcello Foa, appena bocciato in Commissione di vigilanza nella rincorsa al vertice della Rai), pure di area sovranista e filopopulista, che ha veicolato contenuti e attacchi contro le nostre istituzioni assai simili a quelli messi simultaneamente in rete nella notte tra il 27 e il 28 maggio”.
Vittorio Feltri sta con Foa
Ha invece difeso Foa a spada tratta il direttore di Libero. Vittorio Feltri ha infatti attaccato Berlusconi, parlando di "vile ripicca" nei confronti di Salvini, dovuta al fatto che il leghista non lo aveva interpellato prima della nomina di Foa. "Non capisco perché Berlusconi non gradisca più Foa, che è un uomo suo e che è stato stipendiato da lui".
Foa ha infatti lavorato per molti anni al Giornale, al quale approdò già ai tempi di Montanelli, nell’89, lasciando il suo posto agli esteri del Giornale del Popolo. E sul Giornale.it ha ancora il suo blog, anche se l’ultimo post è datato 25 luglio.
Del resto l’attacco al Cavaliere da parte di Feltri non stupisce: in primavera l’aveva definito “un politico terminale ormai pronto per l’ospizio”.
Lo stesso Feltri aveva perorato la nomina di Foa alla presidenza RAI scrivendo il 31 luglio “Non votare l’anticomunista Foa alla RAI è da fessi”.
Insomma, la nomina del giornalista ha letteralmente spaccato la politica italiana, centro-destra compreso. E lui è suo malgrado finito nel tritacarne. Il suo futuro alla RAI a questo punto appare incerto e traballante. Ma se ne potrebbe immaginare un altro, magari l’anno prossimo, come europarlamentare leghista…