“Da quando mi sono trasferito a Lugano ho creato ricchezza, assunto decine e decine di dipendenti e ho pagato milioni di tasse”
LUGANO - Definirlo spavaldo è un eufemismo. Secondo alcuni suoi ex dipendenti ama dire di se stesso “I am the best, I am the king”, sono il migliore, sono il re. Il suo profilo Instagram è una celebrazione del suo personaggio: lui in mille pose da figo, orologi e auto di lusso, Ferrari, Porsche, Rolls Royce, eccetera. Tutto quello che molti sognano un giorno di possedere, Philipp Plein lo ostenta.
Più volte lo stilista che ha scelto Lugano come sede operativa è finito nella bufera in questi anni. E ora pubblica sul suo profilo un’autodifesa attaccando frontalmente il Corriere del Ticino che ha raccolto testimonianze di ex dipendenti di Plein licenziati senza mezzi termini, suffragate da dichiarazioni di sindacalisti.
Il Corriere pubblica oggi la replica dello stilista, che aggiunge qualche nota in un post, sempre su Instagram: “Ho capito che ovviamente voi ragazzi avete un problema personale con me e sinceramente non mi interesa molto! Ma non posso accettare che il vostro giornale stia diffondendo informazioni false sulla mia azienda, che ho creato in 22 anni da nulla! Non mi aspetto di essere accettato, ma rispettato per quello che ho creato”.
Da quando mi sono trasferito a Lugano, aggiunge Plein, “ho creato ricchezza, assunto decine e decine di dipendenti e ho pagato milioni di tasse. Il mio gruppo ha sempre rispettato le leggi e le normative locali ed è stato controllato più volte dagli ispettori del lavoro che hanno anche intervistato i dipendenti senza rilevare alcun comportamento irregolare”.
Le accuse di alcuni ex dipendenti
Diversa è l’opinione di chi è stato messo alla porta: “Non si può mai stare tranquilli: dici una parola sbagliata e il licenziamento è servito”, ha detto un ex dipendente di Plein al Corriere del Ticino. Dalle su dichiarazioni, e da quelle di altri due ex dipendenti, emerge la paura di essere licenziati dall’oggi al domani. “I dipendenti subiscono insulti gratuiti in riunione, davanti a tutti. Sembra che a Plein piaccia far sentire male le persone che lavorano per lui: dal top manager alla centralinista, passando per il fornitore. Ha bisogno della sua corte dei miracoli per sentirsi il re”.
Poco prima di Pasqua ai dipendenti rimasti al lavoro in piena crisi Covid, sarebbe stato decurtato lo stipendio senza una diminuzione del lavoro, delle mansioni o delle responsabilità: “Venerdì Santo è arrivato via mail un accordo di riduzione dello stipendio fino al 15%. Chi ha rifiutato è stato licenziato. Nella lettera c’era scritto anche che, visto che siamo stati chiusi 2 mesi, - pur continuando a lavorare da casa - l’azienda invitava caldamente a non prendere ferie ad agosto”. Un secondo ex dipendente parla di riduzioni salariali fino 30%-50%. Non solo: “Ci sono stati casi in cui dipendenti con funzioni importanti non hanno sottoscritto il nuovo contratto con l’adeguamento e, il giorno successivo, si sono visti recapitare la lettera di licenziamento con effetto immediato”.
La replica dello stilista
E lui, Philipp Plein, che dice? Dice che…
“È assolutamente falso che dipendenti del Gruppo Plein siano stati licenziati per essersi rifiutati di accettare riduzioni dello stipendio”. Secondo lo stilista si tratta di “una delazione interessata e falsa di alcuni dipendenti scontenti ed alla ricerca di scorciatoie che ci addolora ma non ci spaventa: non è la prima volta che accade e non sarà l’ultima. Il Gruppo ha sempre rispettato la legge ed agito in modo etico e responsabile nelle proprie relazioni industriali. Siamo già stati oggetto di varie verifiche da parte degli organi di ispezione del lavoro che hanno anche intervistato molti dipendenti senza riscontrare irregolarità. A tali organi, il Gruppo ha sempre prestato la massima collaborazione e dato prova di assoluta trasparenza.
La crisi economica cagionata dall’emergenza COVID ha avuto un impatto rilevantissimo sull’intero comparto moda e, in particolare, sul Gruppo Plein che, nell’esercizio 2020 e nell’esercizio 2021, si attende una flessione del fatturato fino al 40% nel 2020 e fino al 20% nel 2021. Ciò ha imposto all’azienda l’adozione di svariate misure nel quadro della riorganizzazione di varie funzioni aziendali già iniziata prima del COVID. Come in numerosi altri gruppi della moda e del lusso, questo ha comportato delle riduzioni di organico e di stipendio che sono state sempre condivise con i dipendenti ed accettate dalla stragrande maggioranza di essi. Va notato che le dette riduzioni sono avvenute su scala globale, in numerosi Paesi del mondo, e solo marginalmente in Svizzera”.
La nota di risposta aggiunge che il lavoro ridotto “secondo la legge svizzera e diversamente da quanto suggerito dalla stampa e da altri è una misura di sostegno che non esclude la risoluzione di rapporti di lavoro e non limita la libertà dell’imprenditore di determinare la taglia e l’organizzazione della propria attività. La domanda che è corretto porsi è: quanti posti di lavoro sarebbero stati persi se non ci fosse stato il lavoro ridotto a limitare i danni? L’obiettivo del Gruppo Plein è di creare un’impresa prospera con posti di lavoro stabili e sicuri. Il modello Plein è un modello di successo, completamente autofinanziato anche dopo le misure COVID, di cui non ha ancora utilizzato i finanziamenti agevolati, e di genuino insediamento in Ticino”.
La nota si conclude con uno sguardo al futuro: “Ci stiamo tutti rimboccando le maniche per poter presto ritornare a crescere, espanderci ed assumere in vari settori. Sinora lo abbiamo fatto creando benessere e lavoro e restando agili e competitivi in una situazione di verificata conformità alle leggi ed ai regolamenti del Ticino. E lo abbiamo fatto senza necessità di alcun contratto collettivo. E così confidiamo di poter continuare a fare in futuro”.