Le bordate dell'avvocato sulla sentenza della Corte europea: "Di fatto è Greenpeace che ha querelato e ottenuto la condanna della Svizzera”
“In Svizzera, democrazia semi-diretta, le decisioni politiche le prende il popolo o i giudici di Strasburgo, prevenuti su alcuni temi? La mania di voler essere sempre presenti in gremi internazionali ha un prezzo. Lo paga la nostra democrazia”. È la conclusione a cui giunge l’avvocato Tito Tettamanti nella sua opinione pubblicata oggi dal Corriere del Ticino. Una disamina molto critica della sentenza della CEDU, che ha condannato la Svizzera per “inazione climatica”. Una disamina che ha dato spunto al consigliere nazionale Piero Marchesi per interrogare il Governo.
Ma veniamo ai punti salienti del testo di Tettamanti.
La denuncia al tribunale di Strasburgo, ricorda, è opera di un’associazione di signore le Anziane per il clima. Ma… “La realtà è un’altra, questa associazione è stata voluta e sostenuta da Greenpeace, la quale ha pure finanziato i notevoli costi della causa, stimabili tra i 750.000 ed 1 milione di franchi (…). Quindi di fatto è Greenpeace che ha querelato e ottenuto la condanna della Svizzera”.
Non solo. Tettamanti sottolinea che “il giudice svizzero della Corte europea dei diritti dell’uomo, membro del Partito socialista, non fa mistero del suo zelo a favore della causa climatica e nelle sue funzioni senza eccezioni condanna sempre la Svizzera. Rispettiamo le sue convinzioni ma è ovviamente un giudice di parte”.
Come mai, si chiede l’avvocato, “ci troviamo con un simile tribunale chiaramente partigiano di certe cause? In virtù dell’abile attivismo di ONG e associazioni che piazzano giudici che condividono le loro sensibilità, facilitati dalla disattenzione dei politici (i parlamentari del Consiglio d’Europa) che li nominano”.
Concludendo: quella della CEDU è “una sentenza discutibile per una causa nella quale Greenpeace si fa rappresentare da signore svizzere, un tribunale in parte costituito da giudici di parte (clima) che disattende fatti statistici inconfutabili. La difesa della Svizzera è stata affidata a un funzionario dell’Ufficio federale di giustizia che però da tempo si era candidato a membro della stessa Corte europea dei diritti dell’uomo (CEDU), vale a dire il tribunale giudicante, e poi effettivamente eletto nella settimana successiva alla sentenza”.