Era il 2014 quando il Festival del film finì nella bufera per aver invitato il regista polacco. A guidarla in prima fila, fu l’attuale presidente del PPD Fiorenzo Dadò
VENEZIA - Non c’è pace per Roman Polanski. Venezia come Locarno, 5 anni dopo… Era il 2014 quando il Festival del film finì nella bufera per aver invitato il regista polacco. A guidarla in prima fila, fu l’attuale presidente del PPD Fiorenzo Dadò.
Tre anni dopo la polemica contro il regista scoppiò a Parigi, in occasione della consegna dei Cesar, gli oscar cinematrografici francesi: contro la presenza di Polanski venne lanciata una petizione che in pochi giorni raccolse 60'000 firme.
Ricordiamo che nel 1977 Polanski venne accusato di stupro ai danni dell'allora 13enne Samantha Geimer (che ancora oggi conferma le sue accuse ma che chiede alla giustizia di voltar pagina) in una balorda nottata nella villa di Jack Nicholson a Los Angeles. Dopo 40 giorni di prigione Polanski scappò dagli Stati Uniti, sottraendosi al processo. Gli USA da allora tentarono di estradarlo. E nel 2009 ci andarono vicini, dopo che la Svizzera lo aveva arrestato dando seguito al mandato di cattura internazionale. Ma alla fine anche il nostro Paese negò l'estradizione e Polanski sfuggì ancora alla giustizia a stelle e strisce.
Ora, il ‘caso Polanski’ scoppia anche sulla laguna. Alla conferenza stampa di presentazione delle giurie è bastata una dichiarazione della regista argentina Lucrezia Martel, presidente della Giuria della 76esima Mostra del cinema di Venezia per dar fuoco alle polveri.
“Non separo l’uomo dall’opera – ha detto Martel -. La presenza di Polanski in programma mi ha messo a disagio. Ho fatto delle ricerche sul caso e ho visto che la vittima considera questa vicenda chiusa, senza negare i fatti denunciati. Non posso pormi al di sopra della vicenda giudiziaria, ma posso solidarizzare con la vittima. Non assisterò alla proiezione ufficiale di Polanski (J’accuse sull’affaire Dreyfus, ndr) perché io rappresento molte donne argentine che lottano su questo fronte e non voglio alzarmi in piedi a applaudirlo. Però mi sembra opportuno che questo film sia al festival, che ci sia dibattito su questi temi”.
Il direttore Alberto Barbera, come riferisce il Corriere della Sera, ha invece un’opinione diversa. “Non è facile in questo caso dare risposte univoche. Non riesco a fare una distinzione tra artista e uomo. La storia dell’arte è piena di artisti che hanno commesso crimini. Lui resta uno degli ultimi grandi maestri del cinema e non credo si possa aspettare duecento anni per giudicare un suo film. J’Accuse mi è piaciuto molto. Non sono un giudice, ma un critico cinematografico, il mio lavoro finisce qui”.
Sul caso è sceso in campo anche Luca Barbareschi, uno dei produttori del film: “Dopo le dichiarazione della presidente della giuria di Venezia 76, siamo preoccupati che il film di Polanski non venga giudicato serenamente. Stiamo valutando di ritirarlo dal concorso, a meno che non arrivino delle scuse ufficiali”.
E la Martel ha replicato: “Non ho alcun pregiudizio nei confronti del film e lo guarderò allo stesso modo di tutti gli altri film del concorso. Se avessi dei pregiudizi, mi dimetterei dal mio incarico di presidente della Giuria”.